Uno dei migliori libri che ho letto sul tema dell’inquinamento luminoso è un testo di Wolf Bokowski che, più che per il titolo, mi ha colpita per il suo sottotitolo: “Inquinamento luminoso e messa a reddito della notte”. Il tema è interessante proprio perché non è scontato. Di inquinamento luminoso si parla spesso per le sue implicazioni sull’osservazione del cielo notturno, meno spesso per quanto riguarda l’impatto ambientale su fauna e flora, ancora meno spesso per quanto concerne le ricadute sulla salute umana. E quasi mai per le sue implicazioni sul piano sociale.

Da questo punto di vista, in realtà, il focus va un po’spostato perché la cosa interessante non è tanto capire quali sono gli effetti della light pollution sulla società ma, piuttosto, l’inverso: di cosa, cioè, l’inquinamento luminoso è la conseguenza?

Perché le nostre società illuminano a giorno le nostre notti? Certamente la risposta è complessa. C’è il discorso della sicurezza percepita, certo, ma non solo. Le nostre notti sono più illuminate anche per un altro motivo: la popolazione lavorativa notturna è sempre di più.

L’inquinamento luminoso come sintomo di un’economia notturna in crescita

Lavoriamo di più, anche di notte. Non stupisce, quindi, che le nostre città siano illuminate a giorno. Il turbocapitalismo, d’altra parte, implica per forza quello che in gergo si chiama “espansione della frontiera”. Servono sempre nuovi mercati, nuovi terreni da conquistare e in epoca di globalizzazione questo è più che evidente.

La notte non sfugge a questa logica e diventa un terreno in più da conquistare. L’ennesimo spazio su cui spostare, ulteriormente, la frontiera del profitto. Ecco perché Wolf Bukowski parla – a ragione! – di messa a reddito della notte. Il CEO di Netflix, che dichiara che il suo principale concorrente non è un normale competitor ma il sonno, è la voce di questa logica produttiva. E di una società in cui la messa a giorno della notte (Claudio Marucchi, in termini filosofici, parla di “tirannia del diurno”) porta per forza di cose alla polverizzazione di diversi spartiacque naturali: quello tra il giorno e la notte, tra la luce e il buio, tra l’otium e il negotium.

Illuminiamo di più, lavoriamo di più (e consumiamo di più)

Quella del turbocapitalismo è una logica in cui tutti gli elementi si incastrano alla perfezione. Produrre di più, consumare di più. Fino ad oggi – l’Intelligenza Artificiale, probabilmente, disegnerà nuovi equilibri – questo è andato di pari passo con un altro mantra: lavorare di più. L’incremento della popolazione lavorativa notturna la dice lunga.

Quali sono le città con le più alte percentuali di lavoratori notturni? Purtroppo è impossibile dirlo: i dati disponibili sono troppo a macchia di leopardo. In questo senso, la notte mantiene il suo velo di imperscrutabilità. Qualche cifra, però, l’abbiamo. Soprattutto per quanto riguarda le città americane e del Regno Unito. Negli USA, sappiamo che le percentuali di popolazione lavorativa notturna più consistenti si trovano in tre tipologie di città: quelle dotate di casinò (come Las Vegas, 16% di lavoratori notturni), quelle che spiccano per la presenza di impanti di logistica (Toledo) e quelle dove il turismo nelle ore piccole va per la maggiore (come Augusta). Nel Regno Unito, le città in cui i lavoratori notturni spopolano sono Bath (addirittura il 38%), Manchester (29%) Oxford, Cambridge e Newcastle (intorno al 27%).

Per altri Paesi, non esistono ancora banche dati che consentano di tracciare un identikit vero e proprio. Qualcosa, però, lo sappiamo. Sappiamo che in Italia la popolazione lavorativa notturna è di circa 2, 5 milioni: l’11% dei lavoratori italiani. In Lombardia, però, si parla del 13%. Sappiamo anche che il trend è in crescita e che – nonostante questo – sul mercato del lavoro notturno si registrano ancora 30.000 posizioni scoperte. Quindi: di notte si lavora di più ma questo “di più” non è ancora abbastanza.

In Giappone, i lavoratori notturni sono invece 12 milioni e anche il Paese del Sol Levante evidenzia un trend in crescita: dal 2012 al 2021, infatti, la popolazione lavorativa notturna è passata dal 13% al 21%, con un balzo avanti decisivo.

Insomma, la messa a reddito della notte procede a spron battuto. E proprio per questo, come scrive Wolf Bukowski, combattere l’inquinamento luminoso si configura come un vero e proprio atto politico.


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